Antonio, Olves, Oscar: il Novecento dei Di Prata
Sabato 8 aprile alle ore 18 nella sede dell’AAB, in vicolo delle Stelle 4, verrà inaugurata la mostra Antonio, Olves, Oscar: il Novecento dei Di Prata, curata da Fausto Lorenzi. L’esposizione, che si inserisce nella serie “Curricula”, è organizzata in collaborazione con alcuni familiari dei tre Di Prata e permette di ripercorrere l’attività di tre tra le figure più rappresentative dell’arte bresciana del XX secolo.
I fratelli Oscar Di Prata (1910-2006) e Olves Di Prata (1912-1999) e il cugino Antonio Di Prata (1907-1952), nati e cresciuti a Brescia da famiglie originarie della località Prata in Friuli, sono stati accomunati dalla pratica artistica a livello professionale, ma hanno avuto linguaggi e percorsi molto difformi. Tutti e tre hanno lasciato tracce assai significative nel Novecento bresciano: nessuno di loro è stato vernacolare, tutti e tre si sono misurati con direttive di stile, ricerche e inquietudini nazionali o internazionali.
Scrive il curatore Fausto Lorenzi nel prestigioso catalogo che accompagna la mostra: «Oscar ebbe una lunghissima presenza di assoluto rilievo nella comunità bresciana per orientamenti pittorici, dibattito pubblico, intensa pubblicistica, commesse di rilievo quale prolifico frescante e creatore di vetrate di moltissime chiese bresciane. Fu anche, nei primi anni Sessanta, il primo presidente della sezione bresciana dell’Ucai, l’Unione cattolica artisti italiani, che ebbe sede espositiva alla Piccola Galleria di via Pace. In tutte le trasformazioni del suo percorso espressivo volle sempre riversare sulla tela gli scatti e i dubbi della coscienza, vivere e farci vivere segni e colori non solo come emozioni ma come sentenze morali. Il fratello Olves, soprattutto scultore, fu più appartato e reticente, anarchico e discontinuo, insofferente a qualsiasi conventicola o accademia, ma ebbe comunque ruolo non marginale e ostinate sperimentazioni nella seconda metà del secolo scorso, cercando sempre il primordiale, dall’antigrazioso alla volontà di restituire pregnanza arcaica alla scultura, dalle spigolosità postcubiste alle forme sinuose, in una interpretazione in conflitto, aspra e morbida insieme. Il cugino Antonio scomparve troppo presto a 44 anni: mantenne una sua ricerca di composta modernità figurativa, entro un naturalismo lombardo di evidenza concreta, vitale e commossa, nella ponderatezza della pennellata di placida e luminosa sobrietà sintetica con cui partecipò al clima novecentesco, in un ordine di affetti domestici e di idilli campagnoli e lacustri, distinguendosi per la temperata tensione sensoriale nella rievocazione sognante, nella corposa dolcezza.»
L’esposizione rimarrà aperta fino al 3 maggio con orario dal martedì alla domenica dalle 16 alle 19,30. L’ingresso è libero. Il catalogo è disponibile in sede.